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Daniele capitolo 4 ha una applicazione antitipica?

Ultimo Aggiornamento: 05/05/2024 19:54
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26/04/2024 14:42
 
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Re: Re: Re:
verderame.1958, 26/04/2024 12:30:


Per quel che riguarda la sua pazzia ho trovato questo:
Tratto da Biblistica.it


Chi scrive sul sito è sicuramente un credente in Dio, per cui diventa
ovvio che consideri verità quanto scritto in Daniele.
A parte questo, non mi sembra che il testo frammentario riportato
sia eloquente nel dimostrare una forma di pazzia per come raccontata
nel capitolo di Daniele.
Poi è palese l'errore di assegnare Baldassarre come figlio di Nabucodonosor.
Baldassarre era figlio di Nabonide.

Anch'io ho trovato qualcosa, che ritengo interessante:

Nabonide a Tema
Detto questo: l'episodio del capitolo 4 di Daniele ha una qualche base storica, oppure è un mero racconto esemplare, una sorta di favola che vuole consolidare la fede dei lettori circa il fatto che gli arroganti saranno sempre puniti, e reintegrati nella loro dignità solo dopo l'espiazione e il pentimento? Le notizie storiche che possediamo sul maggior sovrano dell'Impero Caldeo non accennano in alcun modo al fatto che egli sia stato colpito da pazzia o licantropia, ed è certo che anche altri libri della Bibbia ne parlerebbero, a partire dai profeti come Ezechiele, poiché agli Ebrei deportati in Babilonia non sarebbe parso vero di poter celebrare la punizione del distruttore del Tempio come una grande vittoria del Dio d'Israele, proprio come fa il nostro autore più di 400 anni dopo. Tuttavia, è accertata una lunghissima assenza da Babilonia non del re Nabucodonosor, ma di uno dei suoi successori, Nabonide (in accadico Nabu-naʾ id, "Il dio Nabu sia benedetto"), che regnò dal 555 al 539 a.C., e fu l'ultimo sovrano dell'Impero Caldeo prima della conquista persiana. Per motivi mai del tutto chiariti, anche se le fonti antiche parlano di ragioni di salute, Nabonide trasferì la sua corte da Babilonia all'oasi di Tema, oggi nel nordovest dell'Arabia Saudita, che prende il nome da uno dei figli di Ismaele (Gen 25, 15), e che nell'antichità era considerata tanto ricca e potente, da tirarsi addosso una profezia minacciosa da parte di Geremia (25, 23) e un oracolo del Primo Isaia:

« Abitanti del paese di Tema, presentatevi ai fuggiaschi con pane per loro. » (Isaia 21, 14)

A Tema sono state ritrovate molte epigrafi aramaiche risalenti al VI secolo a.C., proprio quello in cui prosperò l'Impero Neobabilonese. A quell'epoca, Tema doveva essere una piccola metropoli, ed essendo ricca di pozzi d'acqua rappresentava uno snodo commerciale prospero di vita; con la presenza di re Nabonide in città per curarsi, essa visse sicuramente l'apogeo del suo sviluppo. A dir la verità non tutti credono al motivo ufficiale del trasferimento della corte caldea a Tema; siccome la madre di Nabonide Adagupi-Adad era una sacerdotessa di Sin, il dio della luna, il re era particolarmente devoto a questa divinità, della quale fece ricostruire il tempio ad Harran, dopo la sua distruzione ad opera dei Medi nel 610 a.C. Invece la nobiltà ed il clero di Babilonia erano legati al culto enoteistico di Marduk (enoteismo significa che sono adorati molti déi, ma uno di essi ha una posizione nettamente prevalente); l'attrito con loro avrebbe indotto Nabonide a ritirarsi in Arabia settentrionale. Tuttavia, negli anni duemila gli archeologi hanno messo in dubbio quest'ipotesi: se infatti non può essere negata la preferenza personale di Nabonide per il dio Sin, è certo che il re venerò il pantheon tradizionale babilonese (come attesta il suo stesso nome) e, se vi furono delle rivolte contro la sua autorità, all'epoca quasi inevitabili, nessuna parve in grado di giustificare una sua fuga dalla capitale. Inoltre è certo che, dopo una lunga assenza, egli rientrò a Babilonia con tutta la sua corte, una circostanza difficile da conciliare con l'ostilità della nobiltà caldea, che in tale ricostruzione avrebbe cercato di opporgli come sovrano il figlio Baldassarre (questi sarà protagonista del successivo capitolo 5). Le ragioni per cui Nabonide si sia ritirato per almeno sette anni a Tema, a centinaia di miglia dalla splendida Babilonia, restano perciò a tutt'oggi assai dibattute. Ad ogni modo, sia che il re fosse effettivamente indisposto, sia che questo referto ufficiale celasse motivazioni politico-religiose oggi difficilmente ricostruibili, i Giudei deportati in Mesopotamia dovettero considerare tale malattia una punizione divina nei confronti della dinastia caldea; di qui la leggenda, tramandata di generazione in generazione per via orale, che il sovrano fosse stato reso pazzo da JHWH come punizione per la sua superbia. Siccome il nome Nabonide ricorda per assonanza quello di Nabucodonosor, in seguito i "sette tempi" dell'esilio in Arabia (una terra effettivamente selvaggia, come selvaggio è stato descritto il re uscito di senno) furono attribuiti al distruttore di Gerusalemme, non al suo genero e successore, ed è così che si formò il racconto da noi letto nel capitolo 4 di Daniele.


www.fmboschetto.it/religione/Daniele/Daniele3.htm#licantropo

Ciao.
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